Storie

Partenopei: Giuseppe

Please log in or register to do it.
Partenopei-Giuseppe

Intervista a Giuseppe: un partenopeo a Modena da oltre 10 anni

Giuseppe è un partenopeo doc che da più di dieci anni vive a Modena, dove lavora come tecnico specializzato per una grande azienda di componenti automobilistiche. Sposato e con un figlio, ci racconta la sua vita lontano dalla sua amata Napoli.

Giuseppe-Carrano

Giuseppe, come riassumeresti la tua vita lontano da Napoli?

«Dieci anni… dieci anni da emigrato. Nessuno ti costringe ad andare via, ma lo fai lo stesso. Perché? Perché purtroppo il mare, la gente, la storia, il calore, la vita, la gioia, la terra… non ti pagano le bollette. All’inizio credi che sia la scelta migliore, e forse lo è. Poi ti rendi conto che il prezzo del tuo benessere è l’anima. Io l’ho venduta il giorno che sono partito.

La mia salvezza è sapere che la mia anima è rimasta lì, immobile nel tempo e nello spazio: Napoli. Lei è la madre che ti perdona, anche se l’hai trascurata. Ovunque sarai, sei sempre suo figlio.

Quando torno è come nei Pirati dei Caraibi: dieci anni in mare e uno a terra. Ma ne vale la pena, perché quella è la mia terra, e in quel giorno vivo tutto al massimo. Una birra da Frank, una serata a San Martino, e il tempo passato lontano svanisce. Sono pronto a ripartire perché so che tutto sarà ancora lì ad aspettarmi.

Napoli perdona sempre un figlio che non è stato abbastanza omm per restare e combattere per lei.»

Qual è stato il momento più duro in questi anni?

«Non parlerei di momenti duri, ma di difficoltà che tutti incontriamo nella vita. La differenza è che quando vivi fuori tutto è amplificato. Ti mancano gli amici, i luoghi familiari che ti danno serenità e forza per affrontare i problemi. Così è più facile abbattersi.»

Ti è mai capitato di essere denigrato come napoletano al Nord?

«Personalmente no. Non ho mai vissuto episodi di vera discriminazione. Certo, esistono i luoghi comuni e le battutine, ma niente di grave. D’altra parte, ci sono anche compaesani che non fanno nulla per farsi volere bene. Ma questa è un’altra storia.»

La prima cosa che fai quando torni a Napoli?

«Vorrei andare da Frank Malone, ma non ci vado da tempo. Quando torno ho poche ore e non riesco. Ma c’è una cosa che faccio sempre, prima di tutto: bacio la terra. Sì, proprio come fa il Papa. Quando torni a casa, baci mamma, no? Io prima bacio Napoli, la mia mamma, e poi quella che mi aspetta a casa.»

Quale consiglio daresti a chi, come te, lascia Napoli?

«Non parliamo di costrizione: sono scelte. Difficili, sofferte, necessarie, ma sempre scelte.

Se posso dare un consiglio: restate a casa. L’impegno che mettete per andare via, dedicatelo alla vostra città. Forse non avrete la stessa soddisfazione economica, ma avrete qualcosa che nessuna cifra può comprare: la vera felicità.

Io lo dico da emigrato: partire è da vigliacchi. Ma se la necessità vi porta lontano, portate con voi la vostra identità. Non rinunciate mai a essere napoletani, ma abbiate mente aperta e spirito di adattamento. Guardare indietro non serve: la vita, ormai, è lì dove avete deciso di costruirla.»

Livio Olino

Istituto Francesco Caracciolo
Ragulash